Il verbo
"Giulio Cesare, da ottimo fisionomista, conosceva l'indole e i costumi delle persone dall'osservazione del loro corpo, del volto, degli occhi, della fronte".
Adesso, da questo periodo tolgo il vocabolo "conosceva" e mi ritrovo un fila di parole senza senso come per esempio queste:
"Giulio Cesare, da ottimo fisionomista, l'indole e i costumi delle persone dall'osservazione del loro corpo, del volto, degli occhi, della fronte.
Inserendo quel vocabolo tutto prende vita e significato, nasce cioè un pensiero.
Tra le parole di questo periodo conosceva è dunque la più importante, senza la quale tutte le altre parti del discorso non esprimerebbero nulla. È così importante che ad essa fu riservato il privilegio di essere chiamata verbo, dal latino verbum che significa "la parola", la parola per eccellenza.
Dire pensiero è dire verbo, e questo è così vero che possiamo esprimere un pensiero di senso compiuto anche con una sola parola, purché sia verbo:
piove.
Succede a volte che il verbo non sia espresso, ma traspare facilmente dal contesto e se ne avverte la presenza più e meglio che se fosse espresso:
Aiuto !
(sottintendi portatemi, portategli).
Rifletti ora sulla funzione specifica dei verbi in queste frasi:
C'è qui una penna.
L'albero è fiorito.
Il bambino dorme.
Il cane corre.
Nella prima frase il verbo (c'è) afferma semplicemente l'esistenza;
nella seconda (è fiorito) un modo di essere;
nella terza (dorme) esprime uno stato;
nella quarta (corre) un'azione.
Il verbo è quella parte variabile del discorso che indica l'esistenza, il modo di essere, lo stato, l'azione.